Spezie “per caso”: taccuini di viaggio aromatici #4

Bentornati...

tenetevi forte perché oggi finalmente scriverò di un mito... anzi 2: il Pepe e l'India.

Il primo, alias il “re tra le spezie”, è autoctono dell'India sud-occidentale.
Fin dalla notte dei tempi, cresce rigoglioso tra le fitte e verdissime foreste tropicali dei Ghati occidentali, la catena montuosa che si affaccia sulla mitica Costa del o di Malabar.
Mitica perché in passato questa regione litoranea, che corrisponde grosso modo alla parte settentrionale dello stato del Kerala, ha rappresentato coi suoi empori marittimi lo snodo principe di tutto il traffico commerciale delle merci pregiate (tra queste, le sostanze aromatiche) provenienti da est e dirette verso quell'occidente bramoso quanto mai di articoli rari e preziosi.

La pianta del pepe per crescere necessita di un clima umido, terreni ben irrigati, ma non allagati, livelli ottimali di ombra e ventilazione, e una pianta di supporto su cui arrampicarsi.

Se tutto va bene, comincia a fruttificare intorno al quarto anno di vita e lo fa pressapoco per 7 periodi consecutivi o più.
I grani del rampicante possono essere raccolti a maturazione non ancora ultimata (pepe nero o verde) o lasciati stagionare e poi usati interi, ma solo in rarissimi casi (pepe rosso), o  sgranati per estrarne i semi (pepe bianco).


Seconda spezia più commercializzata al mondo dopo il peperoncino, il Vietnam ne detiene ormai da tempo il primato produttivo (ca. 33%) ed esportativo (ca. 40%).

Onnipresente in cucina: ma che te lo dico a fa, è utilizzato worldwide e i suoi effettivi impieghi sono, pensateci, potenzialmente infiniti.
La fitoterapia da par suo lo inserisce in svariati rimedi di origine naturale avvalorandone così le millenarie proprietà terapeutiche.
La cosmesi se ne serve qua e là sfruttandone quel pungente inconfondibile profumo...

Negli annali il suo nome è una leggenda tanto che The Economist (settimanale londinese di attualità, politica, economia e finanza) in un articolo del 17 Dicembre 1998 titola: “la storia delle spezie è la storia dei commerci”. Ebbene il pepe, da solo, ha mosso ca. i ¾ del giro d'affari degli aromi.

Secondo mostro sacro...
che si può dir di originale di un paese come l'India per non cader nel già sentito o in quella sbadigliante retorica del “o la si ama o la si odia!”?
Nulla per l'appunto, niente di sensazionale che non siano quegli assodati ma oggettivi rimandi alla sua trasversale eccezionalità... un “continente” unico e straordinario: terra di maragià e di scioccante miseria, sporco e sfolgorante insieme, imponderabile e mai lo stesso.

Specie se alla prima, fatevi pure in treno, bus o macchina il classico giro turistico (qui è d'obbligo!): la città rosa di Jaipur coi suoi palazzi monumentali (l’Hava Mahal, il complesso dei “Venti”, è a dir poco oltremondano!),
Agra lasciandovi imbambolare dal romanticissimo Taj Mahal,
l'esoterica Varanasi, indù fino al midollo
 o la medievale Khajuraho, terra di templi, tantrismo e trasognanza, etc., etc., etc...

ma che peccato trascurare gli scenari himalayani del nord più remoto immersi in un silenzio lunare e di una bellezza quasi commovente
o le caotiche-gigantesche e tanto indiane realtà metropolitane alla Calcutta,
la giungla tropicale di salgariana memoria coi ritmi lenti del sud più autentico,
ancora, le vestigia architettoniche-confessionali-idiomatiche-culinarie-etc. di epoca coloniale visibili nella Goa portoghese o nelle roccaforti ex-britanniche sparse un po’ per tutta la penisola...
.... purtroppo o per fortuna, a voi la scelta, 1000 viaggi in uno!!!

n.b. l'India con le sue dinamiche e le sue contraddizioni, per esser compresa, abbisogna di un corpo "nudo" e di un bagno d'umiltà, nulla va preso per scontato o dato per indubbio, ci vuole predisposizione d’animo e pazienza... il tempo farà il resto... e, ricorda, da un viaggio in India non si torna mai indietro come prima o meglio, forse, come dicono certi, non si fa proprio ritorno!!!

Namasté.

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